L'intervista

Aspettando Paulo

Aldair si confessa: tra i sogni c'è sempre la Seleçao

«Sono sicuro che sul taccuino di Falcao c'è anche il mio nome. Il periodo più difficile a Roma l'ho superato. Vorrei cancellare la gara di Torino con la Juve».
S ilezioso, schivo, poco propenso a concedersi passerelle e, soprattutto, difensore. Ecco perché di Aldair si parla poco.
Fosse un attaccante che segna gai a valanga oppure un regista dall'ultimo passaggio illuminante, a quest'ora verrebbe giudicato unanimamente come uno fra i migliori stranieri giunti in Italia in questa stagione.
E invece siccome trascorre le domeniche a mettere il bavagalio alle punte avversarie, e la cosa gli riesce spesso e volentieri, le sue imprese vengono sottovalutate. Certamente da chi non capisce di calcio, perché chi se ne intende lo apprezza, eccome. Lo stesso Aldair, però, non è pienamente contento di quanto ha combinato fin qui.
Gli importa poco dei bei voti che domenicalmente gli vengono assegnati dalla critica. Lui sa quanto può rendere, quanto può fare ancora meglio, per questo si giudica fin troppo severamente. «Ho sbagliato alcune partite - confessa - su tutte quella di Torino contro la Juventus.
Ovviamente so che non è solo colpa mia, perché nel calcio non è mai un singolo, nel bene e nel male, a decidere le sorti di una gara, ma è chiaro che complessivamente il mio rendimento avrebbe potuto e dovuto essere più alto.
Soddisfatto a metà, dunque, ma con la consapevolezza che da adesso in poi sarà tutta discesa».
Quando è arrivato a Roma in molti, fra quelli che lo conoscono bene, si sono preoccupati. Juarez, considerato un secondo padre di Aldair, era addirittura terrorizzato. Invece quando l'ha rivisto a Natale ha scoperto un ragazzo diverso. "Aldair è sempre stato un inguaribile taciturno, un ostinato introverso - osserva l'ex calciatore dell'lnternational di Porto Alegre ai tempi di Falcao ­ Quando seppi che si sarebbe trasferito in Italia mi sono raccomandato che qualcuno gli stesse vicino, che venisse aiutato per inserirsi in fretta. Figurarsi che sorpresa quando è tornato in Brasile per le festività natalizie: è cambiato, si è finalmente sciolto, scherza perfino. Il segreto del cambiamento me l'ha rivelato lui stesso, mi ha detto che in Italia si sta molto meglio che in Portogallo.
Dunque Aldair è un'altra persona, ma il sudamericano ha sempre saputo che non avrebbe incentrato dificoltà.
"Non vorrei passare per un presuntuoso - precisa il difensore - ma non avevo il minimo dubbio su un mio repentino inserimento.
Certo la lingua poteva rappresentare un ostacolo insormontabile, anche il nuovo ambiente e i nuovi compagni potevano essere cause di difficoltà.
Del resto in passato gente come Falcao, Geovani e compagnia bella, avevano stentato a penetrare in un tessuto di vita talmente diverso. Ripeto però che non mi sono mai preoccupato, ho sempre pensato che il campo mi avrebbe dato una mano: il calcio è una lingua universale e appena avessi potuto dimostrare le mie qualità, i problemi sarebbero stati superati. Ho anche avuto un ritardo per via di guai muscolari e la mia ossessione era quella di bruciare i tempi.
Poi finalmente ce l'ho fatta e la mia tesi si è dimostata reale. Ho potuto cioè dialogare, senza bisogno delle parole, con gente di un altro paese e ci siamo subito capiti al volo».
Dopo aver conquistato Roma adesso spera di conquistare anche una maglia da titolare nella nazionale brasiliana. Falcao lo sta seguendo attentamente e molto presto lo chiamerà per dargli la notizia che aspetta. "Sono uscito dalla Seleçao per i motivi che conoscono tutti - ricorda Aldair, riferendosi all'infausta esperienza dei Mondiali italiani dove conobbe solo la panchina - e da questo nuovo anno mi aspetto di rientrare quanto meno nel giro. Non ho ancora mai parlato con Falcao, ma so che sul suo taccuino c'è il mio nome. Dipenderà solo ed esclusivamente dal sottoscritto, perché non bastano i giudizi lusinghieri sul mio conto, servono anche i successi della Roma». Una stagione, però, quella della Roma, costellata da troppi eventi negativi, per essere brillante quanto era nei propositi di tutti.
Aldair, tuttavia, è fiducioso. «Spesso in trasferta abbiamo pagato caro errori veniali e le sconfitte accumulate in serie hanno creato qualche problema psicologico di troppo. Così per buona parte del campionato si vinceva in casa e si perdeva fuori.
Ora finalmente non è più così; abbiamo trovato una giusta quadratura, quindi nulla ci vieta di migliorare la nostra posizione di classifica. Molto bene, invece, in campo internazionale nonostante avversari di grandissimo valore.
Sono dell'idea, comunque, che senza tutto quello che c'è caduto sulle spalle, avremmo potuto fare meglio».
Una gioia immensa il primo gol in campionato al Bologna (nonostante una ferita alla testa), una profonda amarezza il giorno della tripletta di Schillaci.
Questi i due momenti da sottilineare, fin qui, del primo campionato in giallorosso. «Ogni domenica, nel vostro torneo, è una battaglia, un esame severo - conclude Aldair - Rispetto al passato ho qualche impaccio perché sono costretto a seguire ovunque il mio avversario diretto. Sia chiaro che sono nato e rimango un difensore, ma sia in Brasile che in Portogallo ero abituato anche a rilanciare l'azione.
Probabilmente la situazione attuale non consente miei sganciamenti e io non mi lamento, ma vorrei essere capito se qualche volta mi capita di sbagliare. Eppoi solo Schillaci mi ha fatto fare una figuraccia.
Chiedete a Van Basten se si è diverti­to con il sottoscritto, per esempio. L'olandese rimane fortisimo, anche se Riedle mi ha fatto soffrire di più.
La mia fortuna, se devo essere sincero fino in fondo, è che Voeller gioca con me. Rudi è fortisssimo, il migliore in circolazione. Non so se sarei capace di fermarlo».

Tratto da La Roma febbraio 1991

 

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